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17 aprile 2008

Una legna non fa fuoco

gio. 17 aprile 2008 Una legna non fa fuoco

Una legna non fa fuoco
due legne ne fan poco
tre legne focherello
quattro legne fuoco bello

All'ora giusta, Luisa entrava nella stanza, apriva la finestra e annunciava l'ora e il tempo: "Buongiorno. L'è bele set or. A ghe fred. Incò a siga i melvistì. St'atenti: a ghe dal gias, per tera." Sembrava che fosse il tempo ad obbedire alle sue parole. Evocava i giorni, uno dopo l'altro, distribuendo come si conviene le giornate di nebbia, quelle di sole e di pioggia, secondo ritmi e scadenze immutabili, consolidate in millenni di vita contadina e rispecchiate dai proverbi. In cucina, il banchetto mattutino di pane secco e sbriciolato radunava i passeri del circondario sul davanzale di marmo della finestra vicina alla stufa, già accesa da tempo. Il grande tavolo quadrato era apparecchiato a metà, con tovaglie ricamate a punto croce che si usavano solo per la colazione. Fra le due finestre, il pendolo con la lancetta dei minuti soggetta alla legge di gravitazione universale più che al contingente imperio degl'ingranaggi, segnava un'ora approssimativa, poco più precisa dell'ombra del sole, ma adeguata ai ritmi di vita.
La grande tazza di ceramica senza manici, pronta per il latte, bollente sotto lo strato di panna, era sempre la stessa, come il piccolo tagliere con il pane secco tagliato in piccoli cunei irregolari, molto più grandi di quelli destinati ai passeri. Il vasetto di marmellata nera di amarene, brusche e squisitissime, e la caffettiera colma e fumante completavano l'apparecchiatura. Mentre mangiavo la zuppa di caffè e latte, quasi sempre arrivava l'uovo sbattuto con lo zucchero, spumoso e pastoso come panna montata. Le varianti alla "colazione" erano rare e se ne discostavano di poco, con giusta ragione.
A volte un panino francese croccante e leggero, ancora tiepido di forno o un pezzo quadrato di stria con il sale grosso in superficie e qualche briciola di ciccioli secchi o gli avanzi di gnocco fritto, tagliato a rombi, da intingere di punta nel caffelatte o nella cioccolata fino a riempirne la bolla maestosa che ne attestava la perfezione.

gnocco fritto


Solo il giorno di capodanno anche i bambini potevano avere un mezzo bicchierino di Sassolino in cui intingere una fettina di spongata, dura di mandorle e canditi, e coperta da uno strato compatto di zucchero a velo.
"Et magnè a basta? ...alora, va mo là, e fa a mot."



Pubblicato da Alessandro C. Candeli (@lec) gio. 17 aprile 2008 Invia un commento all'autore
"Hac re videre nostra mala non possumus; // alii simul delinquunt, censores sumus." (*)

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